Serge par Sylvie Giono.
Il était là, il était toujours là, souriant, décontracté, en train de peindre ou pas. Nous parlions de tout et de rien, à bâtons rompus, de beaucoup d'histoires toujours joyeuses de la famille. Serge avait une mémoire fabuleuse, il avait des fous rires mémorables aux souvenirs d'anecdotes amusantes, quelquefois d'une naïveté qui montrait sa fraîcheur d'âme. Dans ses yeux pétillants de gaieté, je n'y ai jamais vu nulle méchanceté ni ironie, mais beaucoup d'humour. Il était apaisant et rafraîchissant comme une source de montagne que l'on rencontre après une longue marche.
Il ne restait plus qu'à préparer un bon repas comme il les aimait, que je montais partager avec Serge et des amis. C'était un plaisir de le voir déguster avec appétit, aïoli, osso bucco... Le repas était une fête, il riait, heureux de tout, de la compagnie, de la conversation, du partage. De le voir heureux nous rendait heureux. Je ne suis jamais redescendue de Montjustin sans avoir retrouvé ma joie toute simple de vivre en équilibre avec le monde. Mon sommeil n'en était que meilleur.
Gouache d'illustration d'une scène du Chant du monde.
Une lettre du cordonnier Jean-Antoine Giono à son neveu le maçon-carrier Émile Fiorio.
Prix Jean Giono : le jour d'après ?
Le premier Giono a bien plus qu'un accent, et alors ?Fiorio en son magistral portrait de Giono à l'étoile et à la colombe.
Impromptu 8.
Les tribulations du premier Portrait de Giono.
Giono. Impromptu 8.
Le premier portrait de Giono. 1
Le premier portrait de Giono. 2
Le premier portrait de Giono.3
Le premier portrait de Giono. 4 (suite et fin).
Portrait d'Aline Giono enfant au lavis d'encre noire.
Serge par Sylvie Giono.
Les tribulations du premier Portrait de Giono.
Generalmente sono ottimista di natura e gli amici che mi conoscono lo sanno. Eppure, come capita a chiunque, ci sono dei momenti dove tutto si ferma, gli ingranaggi grippano e slittano. In quei momenti si desidera incontrare qualcuno che possa aiutarvi a ritornare in carreggiata per ripartire nella giusta direzione col motore scoppiettante di energia. Per me questa persona (che oggi mi manca) è Serge Fiorio.
La mia famiglia è sempre stata esigua: mio padre e mia madre erano entrambi figli unici. Nessuna zia, niente zio, men che meno nipotini e nipotine. C’erano dalla parte di mia madre dei cugini ma erano distanti, poco presenti e coi quali avevamo poca affinità. Non era la stessa cosa coi cugini della parte di mio padre, la famiglia Fiorio. Costoro ci erano più vicini per via della loro cordialità tutta italiana e soprattutto per la loro fantasia, il loro modo di vivere, il loro gioioso approccio col mondo.
Ero troppo giovane e quindi non ho vissuto gli anni nei quali ogni estate mio padre andava a trovare i suoi cugini italiani a Taninges; mia sorella Aline si ricordava molto bene e con grande gioia di quelle vacanze pazze e appassionate. Molti anni più tardi, quando i Fiorio emigrarono a Montjustin, ho potuto a mia volta godere di quei momenti, dei pranzi a base di pasta verde preparata dalla zia Maria, l’animazione intorno alla tavola, i canti. Non c’era bisogno di occasioni particolari, era solo il piacere di stare insieme. Ne eravamo trascinati come al seguito del pifferaio di Hamelin.
In questa famiglia i miei preferiti erano lo zio Emile, col suo bel sorriso e la barba bianca, e Serge che è sempre stato vicino ai bambini. Poi col passare degli anni la famiglia si è assottigliata finché è rimasto solo Serge, l’ultimo della tribù, che è stato per me il catalizzatore che mi ha sovente riconciliata col mondo. A volte, sentendomi sommergere dagli avvenimenti di una vita troppo precipitosa, sollecitata dalle troppe cose da fare, lasciavo perdere tutto, prendevo la macchina e via! per risalire a Monjustin ad incontrare Serge.
Lui era là, era sempre là, sorridente, disteso, a volte dipingendo e altre no. Parlavamo di tutto e di niente, passando da un argomento all’altro, delle numerose allegre storie famigliari. Serge aveva una memoria prodigiosa ed erano memorabili le sue pazze risate al ricordo di aneddoti divertenti, talvolta di un’ingenuità che dava conto della sua freschezza d’animo. Nei suoi occhi scintillanti di gaiezza non vi ho mai incontrata la cattiveria né la derisione ma umorismo sì, molto. Placava e rinfrescava come una sorgente di montagna dopo una lunga camminata. Non restava altro da fare che preparare un buon pranzo, di quelli che a lui piacevano, salendo a dividerlo con Serge e altri amici. Era un piacere vederlo degustare con appetito aïoli, osso buco... Il pranzo era una festa, rideva, felice di tutto, della compagnia, della conversazione, della condivisione. Il vederlo felice ci rendeva felici. Non sono mai ritornata da Montjustin senza aver ritrovato la mia serenità, la sintonia col mondo. Ed anche il mio sonno ne traeva giovamento.
Dopo mio padre e Lucien Jacques, Serge è stato per me prezioso, a volte essenziale per ridare sapore alle cose. Mi manca, non c’è dubbio. Lo rivedo mentre guarda le sue tele: calde, colorate, non così ingenue come sembrano, al pari di lui. Dietro un candore di maniera, si vede il suo carattere, si vedono le profonde ferite che celava accuratamente per pudore e per non far male o rattristare gli amici. Egli fa parte di quegli esseri che si è felici di aver conosciuto.