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Serge Fiorio - 1911-2011.
Serge Fiorio - 1911-2011.
  • Actualités de l'œuvre et biographie du peintre Serge Fiorio par André Lombard et quelques autres rédactrices ou rédacteurs, amis de l'artiste ou passionnés de l'œuvre. Le tout pimenté de tribunes libres ou de billets d'humeur.
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Serge Fiorio - 1911-2011.
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25 octobre 2018

Une lettre riche d'émotion et de confidences.

  Je t'ai dit souvent à quel point j'étais lié à ce que je faisais. Cela exclut tout orgueil en moi et la providence ferait-elle qu'un jour mes toiles valent une fortune, que je ne les aimerais pas plus pour cela. Mon attachement à mon œuvre n'a ni raison pratique, ni commerciale, ni matérielle. 

  Ma peinture est la manifestation la plus directe, la plus authentique et la plus sincère de ce que je suis.

Serge Fiorio

*

SERGE

   Dans son introduction aux Lettres de Van Gogh à son frère Théo, Pascal Bonafoux écrit : « Vincent peint, peint. Il peint comme il écrit. Il écrit comme il peint. »
Ce qui n'est pas le cas de Serge qui, dès sa jeunesse, peint beaucoup plus et mieux que ce qu'il écrit car - quoique nombreuses, denses et variées - ses lettres sont rédigées d'un trait, parfois à la hâte, et, de plus, surtout, à aucun moment il ne se relit et donc ne revient sur la forme de ce que, le plus souvent d'un premier et unique jet, il jette sur le papier puis glisse aussitôt à la boîte quand il ne le confie pas directement, de la main à la main, aux bons soins du facteur comme avec bonheur il est encore d'usage courant à la campagne de nos jours.
Son art de peindre étant, lui, d'évidence - quoique resté purement autodidacte - beaucoup plus élaboré que son écriture, ne serait-ce que du fait même qu'il y consacre, il va sans dire, énormément plus de temps et de soin puisque peintre avant tout.
N'empêche, tel qu'il est, le contenu de son abondante correspondance est toujours riche et débordant - tout comme l'est à son propre endroit celui de celle de Van Gogh - de mille choses qui, bien souvent, en disent long sur la vie qu'il mène, sur ses projets ; ainsi que, plus intime encore, sur les arcanes de sa psyché, sur la genèse elle-même ou le sens de sa peinture, sujets dont - pudeur ou modestie oblige ? - il n'entretient d'ordinaire personne, hormis justement à l'occasion, comme c'est ici le cas, des proches de préférence, et par courrier interposé. Précieux témoignage, à la fois des plus directs et des plus émouvants, que ces lettres-reliques providentiellement sauvées du néant pour servir, éclairer ensemble l'homme et l'œuvre aujourd'hui que le peintre n'est plus.

L'épistole n'est pas signée, elle ne comporte pas, non plus, de salutations ou de signe final d'affection : un ami lui venant en aide, au secours, par le paiement à l'avance d'un tableau encore à choisir, l'ardente émotion que Serge en éprouve en retour et qui, lui écrivant à chaud, traverse encore en direct de part en part toute sa lettre, les lui fait sans doute omettre, ou s'en passer ; et il termine donc ainsi, juste au début, écrivant cul par-dessus tête en s'adressant alors à la famille entière : « Gardez seulement les reproductions. Je vous en enverrai de mes autres toiles - de celle de mon père, mes grands-parents etc. »
Cette forte décharge émotive lui fait d'autre part se confier de façon impromptue et spontanée au fil de la plume, abordant, comme pour faire en même temps un peu le point, quelques-uns des sujets - l'amitié, la famille, ses rapports à sa propre peinture... - qui lui tiennent à cœur, majeurs donc dans son existence. Il a alors vingt-neuf ans : lui en restent encore - rendons-nous compte ! - à peu près soixante-dix pour poursuivre et parfaire son œuvre, et puis aussi écrire, à mesure, à ses meilleurs amis !

L1

L2

*

Le goût d'écrire des lettres.
Taninges, le 16 août 1940.
Une lettre du 28 avril 1941..
Une lettre de 44.
Un court message du 24 septembre 1944.
Une épistole de Lucienne Desnoues aux Fiorio.
Jules Mougin : Écouflant le 19 mai 1968.
Une lettre d'Eugène Martel.
Thyde Monnier. Une grande lettre du 5 octobre 1937.
Une lettre d'Adrienne Cazeilles de septembre 1992.

Dans la correspondance de Serge.

*

Ora la traduzione a cura di Agostino Forte  :

 

  Ti ho detto spesso quanto sia legato a quel che faccio. Te lo dico senza orgoglio, e se la provvidenza farà sì che un giorno i miei quadri valgano una fortuna, non per questo li amerò di più. L’attaccamento alle cose che faccio non ha ragioni pratiche, commerciali o materiali.

  La mia pittura è la manifestazione più diretta, più autentica e più sincera di quello che sono.

Serge Fiorio

                                                                                                    *                                                                              

   Nella sua introduzione alle Lettere di Van Gogh al fratello Theo, Pascal Bonafoux scrive: « Vincent dipinge e dipinge. Dipinge come scrive. Scrive come dipinge. »
Questo non è però il caso di Serge che, fin dalla giovinezza, dipinge molto meglio di quel che riesce a fare con la scrittura poiché – per quanto numerose, dense e diverse – le sue lettere sono redatte d’un fiato, talvolta alla bell’e meglio, e in più, senza una rilettura che riveda la forma di quel che mette sulla carta (quasi sempre d’impeto) e col messaggio subito imbucato oppure dato in carico ai buoni uffici del postino, come fortunatamente capita ancora oggi nelle campagne.
La sua perizia pittorica, per quanto sia stato un puro autodidatta, è palesemente d’altra caratura rispetto alla sua scrittura, non fosse ovviamente per il fatto ch’egli dedichi a quella molto più tempo e cure, sentendosi prima di tutto un pittore.
Ciò non toglie, com’è nei fatti, che il contenuto della sua nutrita corrispondenza è sempre ricco e zeppo di mille cose (e lo stesso dicasi per quella di Van Gogh), le quali, frequentemente, ci rivelano molti aspetti sulla vita che conduce, sui suoi progetti; come pure, sul piano del profondo, degli arcani della sua psiche, sulla genesi stessa o il senso della sua pittura, soggetti non facenti parte – a cagione di pudore o modestia? – delle normali conversazioni, fatte salve le occasioni con gli intimi, come nel nostro caso,  e per tramite del mezzo postale. Nel momento in cui il pittore non è più, queste lettere-reliquie ci sono dunque preziosa testimonianza, tra le più dirette ed emozionanti, provvidenzialmente salvatesi dal nulla per servire e insieme gettare luce sull’uomo e la sua opera.

La missiva non è firmata, non porta saluti o conclusive espressioni d’affetto: un amico gli è venuto in aiuto acquistandogli un quadro imprecisato. L’emozione profonda provocata di rimando in Serge, attraversa tutta la lettera, scritta a caldo, facendo sì che gli ossequi siano omessi o sorvolati e, nell’indirizzarsi allora alla famiglia intera, termina quindi la lettera, come vediamo all’inizio, con quella scrittura sottosopra: « Tenete pure le foto. Ve ne invierò ancora altre di mie tele – quella di mio padre, dei miei nonni ecc. »
Questa forte scarica emotiva è d’altro canto causa del suo confidarsi improvvisato e spontaneo nel corso della scrittura, affrontando, quasi per farne al contempo il punto, alcuni dei soggetti (l’amicizia, la famiglia, il rapporto con la propria pittura …) che gli stanno a cuore, i più rilevanti quindi nella sua esistenza.
Correvano allora i suoi ventinove anni: gli restano ancora – pensate un po’ -, quasi settant’anni per proseguire e perfezionare la sua opera nonché per scrivere, via via, ai suoi migliori amici

***

TESTO LETTERA (1)

Taninges 18 novembre 1940

Ho appena ricevuto stamattina, e l’emozione è stata tanta che mia madre sopraggiungendo mi ha chiesto sorpresa – Che ti succede? La spontaneità con la quale hai risposto e la tua fiducia sono la prova chiara, semplice, inequivocabile, dell’amicizia che mi porti, non lo scorderò mai. E te ne ringrazio, con la gratitudine che la mia amicizia mi darà modo in futuro di dimostrarti, alla stregua dell’emozione e della gioia che mi hai recato.

In questa circostanza, è un po’ come un’ancora di salvezza, e ti posso dire che questi soldi arrivano al momento giusto. Per me è duro staccarmi da un quadro, ma credilo, lo dico chiaramente e senza voler lisciare, sono contento e senza rimpianto nel sapere che lo prendi tu. Mi sembra che non esca dalla famiglia, (l’amicizia e la familiarità delle persone li sento un aspetto della famiglia, ancor più di quello che saprebbe dare la parentela oltre ogni dire) ed è per questo che non ho esitato a farti l’offerta per primo, e come sono contento, come liberato da un peso adesso che hai accettato. È una gran fortuna per me (senza contare il fatto di aver trovato da vendere un quadro nel momento in cui non avevo che questa risorsa per sollevarmi un po’) saperlo a un amico.

Ti ho detto spesso quanto sia legato a quel che faccio. Te lo dico senza orgoglio, e se la provvidenza farà sì che un giorno i miei quadri valgano una fortuna, non per questo li amerò di più. L’attaccamento alle cose che faccio non ha ragioni pratiche, commerciali o materiali. Mi piace quello che faccio, perché faccio cose che mi piacciono. La mia pittura è la manifestazione più diretta, più autentica e più sincera di quello che sono. E la mia certezza in questa affermazione, che può suonare pretenziosa, la sostengo con forza, con la stessa sicurezza che avrei nel dire che esisto. Vi trovo la mia gioia, il mio equilibrio, il buonumore, la ricchezza profonda di un mondo inafferrabile, e niente può impedirmi di sognare per lei e tramite lei. Il guadagno che ne viene in felicità  è così grande da escludere qualsiasi altra esigenza.

In questo momento non so quale quadro ti manderò. Mi piacerebbe che quello che avrai possa darti l’emozione e la serenità con le quali ho dipinto tutte le mie opere, e che sia anche il messaggio d’amicizia che vorrei trasmettere agli uomini di buona volontà,  quelli per i quali ne vale la pena e che possono essere toccati dai buoni propositi. Mi fermo e ti chiedo scusa. Ecco che mi sono messo a nudo, molto semplicemente. Ma oggi per me è una giornata piena di emozioni, ho bisogno di dirtelo per questi motivi, per le cose che amo, e per il modo in cui mi sono vicine al cuore.

C’è ancora una cosa che mi ronza per la testa. Riguarda la scelta. Quando ho proposto Il Ballo, pensavo che essendo il meno astratto fosse il più accessibile in generale. Ma adesso che mi mostrate la vostra propensione anche verso gli altri mi trovo in imbarazzo. Mi piacerebbe che mi diceste quello che preferite, ma vi dò la possibilità, che in un futuro, se ci sarà occasione che vogliate venirmi a trovare, cosa che spero, se ci sarà uno dei miei quadri che vi piacerà possiate farne cambio con quello che avete scelto. Vi lascio quindi libero di fare il cambio quando vorrete. Vi chiedo di guardare di nuovo le foto e di farmi sapere cosa avete deciso. Ma può essere che a quel momento abbia fatto io la scelta per voi. La differenza tra Primtemps e la Halte des Réfugiés è che Primtemps è una delle prime opere, di pura fantasia, senza altra pretesa se non quella di fissare un sogno. La Halte è l’ultima cosa che ho fatto. È più perfetta come realizzazione. C’è una differenza di 5 anni durante i quali ho lavorato, e fatto progressi. È più immediata e più viva in apparenza, per il fatto che ho visto dei rifugiati spagnoli, e che a causa dell’emozione avuta, mi è venuta voglia di fare questi due quadri (2).

Non è una rappresentazione diretta, ho conservato il soggetto in me, che si è trasformato per l’apporto della mia visione poetica delle cose. Mi è difficile spiegare tutto questo e so di dirlo male. Per me è più facile esprimere in pittura che con le parole. Comunque ci penserò ma mi piacerebbe che voi prendeste quello che più vi piace. Il Bal masqué è più giocoso, e non contiene paesaggio. È questo a differenziarlo da tutti gli altri quadri. Ad ogni modo se ce n’è uno che preferite particolarmente, ditemelo alla svelta, e ve lo spedirò al più presto. C’è anche una differenza di dimensioni tra la Halte e Primtemps. Per me non ha alcuna importanza, non valuto le tele al metro quadro.

Tenete pure le foto dei quadri. Ve ne invierò altre – quelle di mio padre, dei miei nonni, ecc. »

 ***

NOTE

 (1) : nella prima metà della lettera, circa, si assiste all’uso confidenziale del tu, dove nella seconda appare l’impiego del voi. Diamo qui di seguito riproduzione del testo francese della lettera di Serge Fiorio :

Taninges 18 novembre 1940

J’ai tout reçu ce matin, avec une émotion si grande que ma mère survenant me demandait avec surprise  - Que ce qui t’arrive? La spontanéité avec laquelle tu as repondu, ta confiance est la preuve si nette, si simple, si entière, de ton amitié pour moi, je ne l’oublierai jamais. Et je te dis merci, avec la gratitude que mon amitié me permettra dans l’avenir de te démontrer  telle qu’elle est, à la mesure de l’émotion et la joie que tu m’a apportées.
En la circonstance, c’est un peu comme une bouée de sauvetage, je peux dire que cet argent arrive au bon moment. Pour moi, il m’est dur de me séparer d’une toile, mais crois-le, je le dis sans fard et sans recherche de flatterie, je suis heureux et sans regret de savoir qu’elle va chez toi. Je garde l’impression qu’elle ne sort pas de la famille, (l’amitié et la familiarité des êtres sont pour moi un aspect de la famille, plus que ne saurait le créer la parenté en dehors de toute compréhension) et c’est pour ça que je n’ai pas hésité à t’en faire l’offre à toi d’abord, et que je suis heureux, et comme délivré d’un poids, maintenant que tu as accepté. C’est une grande chance pour moi (en plus d’avoir trouvé à vendre une toile à un moment où je n’avais que cette ressource pour me tirer d’embarras) de la savoir chez un ami.
Je t’ai dis souvent à quel point j’étais lié à ce que je faisais. Cela exclut tout orgueil en moi, et la providence ferait-elle qu’un jour mes toiles valent une fortune, que je ne les aimerais pas plus pour cela. Mon attachement à mon œuvre n’a ni raison pratique, ni commerciale, ni materielle. J’aime ce que je fais, parce-que je fais des choses que j’aime. Ma peinture est la manifestation la plus directe, la plus authentique et la plus sincère de ce que je suis. Et ma certitude dans une telle affirmation, qui peut sembler prétentieuse, je la maintiens avec force, avec l’assurance, que j’aurais, à dire j’existe. J’y trouve ma joie, mon équilibre, ma bonne humeur, la profondeur féconde d’un monde insaisissable, et rien peut m’empêcher de rêver pour elle, et par elle. Mon profit en bonheur en est si grand que ça exclut la nécessité de toute autre exigence.
Je ne sais exactement en ce moment quelle toile je t’enverrai. Je voudrais que celle que tu auras puisse t’apporter l’émotion, et la joie sereine dans lesquelles j’ai peint toutes mes œuvres, qu’elle soit aussi le message d’amitié que je voudrais transmettre aux hommes de cœur, à ceux qui en valent la peine et que les bonnes intentions peuvent toucher. Je m’arrête et m’excuse. Voilà que je me mets à nu, tout simplement. Mais c’est une journée riche d’émotions pour moi, aujourd’hui, j’ai besoin de te parler à cause de cela, des choses que j’aime, et dans la façon dont elles sont près de mon cœur.
Il y a une chose qui m’embête encore. C’est la question du choix. Quand j’ai proposé Le Bal, j’ai pensé que c’était le moins abstrait, et le plus accessible en général. Mais maintenant que vous me faites voir votre sensibilité aux autres, je suis embarrassé. J’aimerais que vous me disiez celui que vous préférez, mais je vous laisse toute latitude, au cas où plus tard, si l’occasion se présentait que vous venez me voir, ce que j’espère, et qu’une de mes toiles vous plaise plus que celle que vous auriez gardée en définitive. Je vous laisse donc libre de faire un échange quand vous voudrez. Je vous demande de consulter à nouveau les reproductions, et me transmettre votre décision. Mais il se peut que d’ici là j’aie fait le choix pour vous. Il y a cette difference entre Primtemps et Halte des réfugiés que Primtemps est une première œuvre, imaginative purement, sans autre prétention que de fixer un rêve. La Halte est-elle ma dernière en date. C’est plus parfait comme réalisation. Il y a une différence de 5 ans pendant lesquels j’ai travaillé, et fait du progrès. Elle est plus directe et plus vivante en apparence, du fait que j’ai vu des réfugiés espagnols, et que de l’émotion que j’ai eue, m’est venu le désir de faire ces deux toiles.
Ce n’est pas une transcription directe, j’ai porté le sujet en moi, qui s’est transformé par l’apport de ma vision poétique des choses. Tout ça est difficile à dire et je sens que je l’exprime mal. C’est plus facile pour moi à exprimer en peinture qu’avec des mots. Enfin je vais réfléchir mais j’aimerais que vous preniez celle que vous préférez. Le Bal masqué, est plus joyeux, et n’a pas de paysage. Ce qui le différencie de toutes les autres toiles. En tous cas si vous en préférez un nettement, faites moi vite un mot, et je l’enverrais sitôt. Il y a aussi une différence de dimension entre la Halte et Primtemps. Pour moi, ça n’a aucune importance, n’estimant pas la valeur d’une toile au mètre carré.

Gardez seulement les reproductions. Je vous enverrai de mes autres toiles – de celle de mon père, mes grands parents etc.

(2) : qui, probabilmente, Serge si riferisce alle due Halte des Réfugiés, si vedano al proposito i due billet http://sergefiorio.canalblog.com/archives/2014/06/29/29999198.html e http://sergefiorio.canalblog.com/archives/2014/10/05/30144371.html .

 

 

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