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Serge Fiorio - 1911-2011.
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  • Actualités de l'œuvre et biographie du peintre Serge Fiorio par André Lombard et quelques autres rédactrices ou rédacteurs, amis de l'artiste ou passionnés de l'œuvre. Le tout pimenté de tribunes libres ou de billets d'humeur.
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Serge Fiorio - 1911-2011.
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16 décembre 2020

Un Manège de 53.

   Ce tableau a vraiment de la gueule, sa composition est incroyable ! Me plaît ce personnage, le visage de profil qui s'inscrit dans un arrondi du décor, ainsi donc auréolé d'un nimbe comme un saint tout droit sorti de l'univers de Simone Martini !

François Mangin-Sintès

*

   Serge, dans son enfance, fasciné, ébloui par le carroussel : saisi d'une sorte d'extase.
«
Emmène-moi au bout du monde, cheval ! Cygne, oie sauvage ! »  Mais ce carroussel, ce cercle magique, ces chevaux qui s'en viennent et s'en vont, reviennent, comme les vagues, comme les chevaux de la mer blancs d'écume, ce manège est le monde et le rêve du monde. Et il est peint comme une peinture, il est une peinture.

Claude-Henri Rocquet

*

    Certains peuvent voyager à travers le monde et ne rien en voir. Pour parvenir à sa compréhension, il est nécessaire de ne pas trop en voir, mais de bien regarder ce que l’on voit.

Giorgio Morandi

*

   La scène est pour le moins à part, muette, silencieuse, ayant lieu en un temps suspendu, et quasi confidentielle car située et campée à l'écart, en tout cas en retrait de la fête foraine, de sa foule, de sa liesse ; ainsi réservée à quelques-uns, quelques-unes seulement qui, en faisant partie, y assistent ensemble, à la fois acteurs et spectateurs d'un phénomène peu commun sous l'emprise du merveilleux.

Manège 25 12 53 46x55Ce jeune Pégase surgissant en simplissime robe unie, virginal, numineux aussi par sa taille comme par son idéale physionomie - air de licorne en prime ! - le peintre l'enfourche d'enthousiasme car pour lui, au plus intime, en son for intérieur le plus sensible, voilà bien un cheval de conte, de mythe, de fable, une manifestation in situ de l'inspiration en route, en marche, à l'œuvre, dansante aussi.
Pure joie de peindre qu'en réalité cette créature de songe incarne, faisant sous nos yeux, impromptu, son heureux et magnétique tour de piste : et non plus ordinaire cheval de bois tournant indéfiniment en rond sur place.
Bref, sous l'apparence et les traits d'un fringant cheval de manège, le bon génie de sa peinture !
Cheval - alliant l'instinct au spirituel et à l'imaginaire - en vérité changé en archétype vers lequel, alors aimanté, faisant cercle, l'on se tourne et lève la tête comme devant un astre, une comète ou, aussi bien, une soudaine émanation du surnaturel : « Tout porte à croire qu'il existe un point de l'esprit d'où la vie et la mort, le réel et l'imaginaire, le passé et l'avenir, le haut et le bas, le communicable et l'incommunicable cessent d'être perçus contradictoirement » écrit André Breton en sa plus retentissante phrase, inoubliable, sur les mystères et la dynamique de toute création digne de ce nom.

*

Traduzione a cura di Agostini Forte :

16 dicembre 2020

Una giostra del '53

 

Veramente un quadro di classe, una composizione veramente straordinaria! Mi piace questo personaggio, il cui profilo s’incastona nella rotondità del pannello retrostante, come un santo aureolato uscito direttamente dall’universo di Simone Martini!

François Mangin-Sintès

 

Serge, nella sua fanciullezza, affascinato, sedotto dal carosello: còlto da una sorta di estasi.

« Cavallo, portami fino ai confini del mondo! Cigno, oca selvatica! » Ma quel carosello, quel cerchio magico, quei cavalli che vanno e vengono, ritornano, come onde, come cavalli marini bianchi di schiuma, quella giostraè il mondo e il sogno del mondo. Ed è dipinta come una pittura, perché una pittura è.

Claude-Henri Rocquet

 

Ci sono persone che viaggiano per il mondo senza vederlo. Per arrivare a comprendere il mondo non è necessario vedere molte cose quanto guardare attentamente ciò che si vede.

Giorgio Morandi 

 

***

Manège 25 12 53 46x55

Perlomeno in parte, la scena si presenta muta, silenziosa, come stesse svolgendosi in un tempo sospeso, pressoché confidenziale. Un tempo situato e piazzato in disparte o comunque a distanza dalla festa, dalla folla, dall’allegria. Pare quindi essere un luogo riservato solo ad alcuni, nella duplice veste di attori e spettatori; solo per alcuni il farne parte, l’assistere a un fenomeno poco comune, sotto l’influsso del meraviglioso.

Un florido Pegaso che erompe con una semplicissima e virginale tinta unita, numinoso per la taglia e l’ideale fisionomia (per quell’aria da liocorno, in primis) che il pittore anima d’entusiasmo ché, al suo sensibilissimo occhio interiore, è fatto proprio così il cavallo dei racconti, il cavallo dei miti, quello della fiaba. Una manifestazione in situ dell’ispirazione in itinere, in marcia, all’opera, a passo di danza vien da dire.

Non è più l’ordinario cavallo di legno che continua a girare indefinitamente in tondo. Al contrario, è una creatura di sogno che incarna la pura gioia del dipingere, mentre sotto i nostri occhi balena all’improvviso inun gioioso e magnetizzante giro di pista. Insomma, il buon genio della pittura di Serge si manifesta sotto l’apparenza e i tratti di un gagliardo cavallo di maneggio.

L’istinto si fa sempre più dappresso allo spirituale e all’immaginario. In virtù del magnetismo dovuto al suo girare in tondo, il cavallo diventa archetipo. Ecco volgerci a lui, levare a lui il capo come per osservare un astro, una cometa o un'improvvisa emanazione soprannaturale: « Tutto lascia credere che sussista un certo luogo mentale dal quale la vita e la morte, il reale e l’immaginario, il passato e il futuro, il comunicabile e l’incomunicabile, l’alto e il basso cessano di essere percepiti in modo contraddittorio », così André Breton, in un suo strepitoso e indimenticabile passaggio, riguardo i misteri e la dinamica di ogni creazione degna di questo nome.

*** 

Alcune intrusioni nel billet di André Lombard

Ho scelto delle immagini da abbinare alle tre citazioni di apertura dell’articolo di André Lombard. Immagini che ho deciso di posporre affinché non fossero di disturbo alla continuità discorsiva dello scritto medesimo.

La prima immagine si riferisce a un particolare dell’affrescoLa Maestà, di Simone Martini, appunto, posto nella Sala del Mappamondo, nel Palazzo Pubblico di Siena.

Simone Martini, La Maestà (970x763 cm) , Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena

Cercavo una raffigurazione che si potesse abbinare al profilo della figura aureolata del pannello del Manège, come viene evocata da Mangin-Sintès. Ho infine optato per una riproposizione multipla di nimbi. D’uopo rivolgersi al sacro sia per il richiamo, per quanto abbozzato, interno alla citazione, sia per la natura profonda di tutto il soggetto dello scritto medesimo: un cavallo portatore di una tensione alta, un animale psicopompo, creatura-veicolo dell’anima, cavalcatura per il viaggio dell’anima. Tutto l’articolo è pervaso da questa tensione, dalle citazioni fino alla sua chiusa, per il tramite del prestito bretoniano dal “Secondo Manifesto del Surrealismo”, del 1930.

Nella seconda citazione si rileva una triplice evocazione: cavallo-cigno-oca. La consecutività delle figure animali ha esercitato un certo fascino. Del cavallo si è già detto. Per quanto riguarda il cigno non nascondo di essermi rivolto, per un attimo, a Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson, un racconto di Selma Lagerlöf. Ho pensato anche al Cavaliere del Cigno, dal Lohengrin. Per l’oca sono riandato ai “racconti di mia madre l’Oca” di Perrault. Per la spuma bianca e i cavalli (“come cavalli marini bianchi di schiuma”) perché non pensare a Poseidone? Quante le suggestioni sorte dalle condensate righe di Rocquet. Ma la citazione visiva, a sua volta, deve avere una sua plausibilità.

Ho scelto di proporre l’affresco di Giotto, dalla Basilica Superiore di Assisi, ovvero l’Apparizione di San Francesco su un Carro di Fuoco

Ecco, allora,

Giotto, Apparizione di San Francesco su un Carro di Fuoco, affresco, Assisi, Basilica Superiore

il carro di Elia, imprestato a Francesco. Era quello che ci voleva, era il motivo, secondo la mia temporanea suggestione, più attinente alla citazione. A mio avviso, da quel carro si può compiere il moto di rivoluzione terrestre intorno al “sole dell’immaginazione”, così come suscitatomi dalle parole di André Lombard.

Un sole che viene rinforzato dalla successiva terza ed ultima citazione, quella di Giorgio Morandi. Per la quale sono casualmente (o forse no!) caduto su due esecuzioni di Edward Hopper. E, ritengo, con un loro plausibile e giustificato impiego .

Propongo quindi lo schizzo di “Morning Sun”, dai Taccuini dell’Artista

Edward Hopper image-1

da cui la tela definitiva del 1952, conservata nel Columbus Museum of Art di Columbus, Ohio.

Edward Hopper-piccola

Non so se la donna sia in attenta osservazione o stia sognando ad occhi aperti. La riflessione di Morandi indica una qualità dell’osservazione, il darsi ad essa in compartecipazione; la visione trasporta, la vista diventa la nostra cavalcatura.

Fortunosamente, mi imbatto in un testo che rinsalda le precedenti citazioni in una nuova traccia. Il testo in questione è tratto dall’introduzione di Claude-Henry Rocquet al suo Edward Hopper. Le dissident :

« Non si scrive sull'opera di un pittore senza almeno sognarla un po' mentre la si guarda. Sì, si tratta anche di interpretarla. Come si tenta di interpretare un sogno o un insieme di sogni. Bisogna, per quel che se ne può, conciliare un approccio oggettivo con un approccio inevitabilmente soggettivo.Padroni di sé e permettersi la deriva: spesso è la condotta migliore. Essa ci conduce dove il solo sapere, o la scienza, non ci avrebbero mai portati. Una attenzione in certo qual modo fluttuante. [...] Quando si intraprende l'indagine di un'opera, quando si cerca di conoscerla meglio, è l'opera stessa che a sua volta ci penetra e impregna fin nel sonno. Essa induce alla risorgenza dei ricordi come la calamita,col suo richiamo, attrae la limatura di ferro. [...] I pittori sono sogni visibili. Sono sogni che si mischiano ai vostri. Sogni divinatorii. A volte l'opera rivela in noi delle ossessioni di cui non sapevamo la presenza. »

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