Canalblog
Editer l'article Suivre ce blog Administration + Créer mon blog
Publicité
Serge Fiorio - 1911-2011.
Serge Fiorio - 1911-2011.
  • Actualités de l'œuvre et biographie du peintre Serge Fiorio par André Lombard et quelques autres rédactrices ou rédacteurs, amis de l'artiste ou passionnés de l'œuvre. Le tout pimenté de tribunes libres ou de billets d'humeur.
  • Accueil du blog
  • Créer un blog avec CanalBlog
Publicité
Serge Fiorio - 1911-2011.
Newsletter
40 abonnés
Derniers commentaires
Visiteurs
Depuis la création 364 721
23 novembre 2020

Picasso : vrai ou faux mea culpa ?

  Ayant eu vent, dès leur parution du milieu des années 70, que les Dialogues égoïstes de Michel Piccoli contenaient plusieurs pages de témoignage concernant sa longue amitié avec André de Richaud, j'achetai le livre pour en savoir par là un peu plus sur l'un de mes écrivains-poètes favoris en l'honneur duquel je venais tout juste, avec l'aide d'Alain Benoit, de monter une exposition monographique aux Amis des Arts de Reillanne.
Q
uelle ne fut pas ma surprise de découvrir de plus en ces pages, comme en prime, un texte étonnant attribué à Picasso...sur lui-même !
J'ai cru bon d'y revenir en ces temps de grand n'importe quoi auquel la peinture, bien sûr, n'échappe pas au sein de la création artistique contemporaine, car authentiques ou apocryphes, ces lignes sonnent comme un "rappel".

Piccoli 1
Picasso : vrai ou faux mea culpa ?

   En ces temps plus que perturbés par toutes sortes de dérives snobs, intellos, commerciales, prétentieuses et autres, terroristes même, dans le domaine de la création artistique moderne et contemporaine, m'est revenu en mémoire – j'avais lu ce... Lire la suite

Picasso Arts Peinture

Traduzione a cura di Agostino Forte :

Picasso. Un mea culpa vero o falso?

   A metà degli anni '70 viene pubblicato Dialogues égoïstes di Michel Piccoli. Mi venne all'orecchio che il libro conteneva diverse pagine di testimonianze riguardanti la lunga amicizia con André de Richaud e quindi lo comprai per saperne un po' di più su uno dei miei scrittori-poeti favoriti, in onore del quale, con l'aiuto di Alain Benoit,  avevo appena allestito una mostra monografica nello spazio "Amis des Arts de Reillanne".
Quale non fu la mia sorpresa nello scoprire in altre pagine del libro, quale ulteriore premio , un testo sorprendente attribuito a Picasso ... su se stesso!
Ho pensato bene di ritornarci in questi tempi di gran confusione cui certamente non sfugge la pittura in seno alla creazione artistica contemporanea, poiché autentici o apocrifi, quei righi suonano come un "promemoria".

*

Qui di seguito si pubblica in traduzione l'articolo di André Lombard apparso su "lintern@ute " al collegamento http://salon-litteraire.linternaute.com/fr/picasso/review/1951493-picasso-vrai-ou-faux-mea-culpa


In questi tempi assai perturbati da ogni sorta di derive snob, intellettuali, commerciali, pretenziose e altre ancora (anche terroristiche) nel campo della creazione artistica moderna e contemporanea, mi è ritornata alla memoria l'esistenza di un testo di Pablo Picasso. Di questo rarissimo documento ne avevo fatto lettura nel libro di Michel Piccoli Dialogues égoïstes (Dialoghi egoisti), edito da Olivier Orban nel 1976, rinvenibile alla pag. 250.
Non un libro di memorie né il libro della mia vita, nemmeno un monologo. Ci siamo abituati troppo a sentire un attore parlare solo attraverso i suoi personaggi.  Parlo di questi e dei loro autori. Un tentativo di strappare delle maschere, le vostre e le mie. E là, a proposito della pagina in questione, abbiamo un giudizio espresso dal pittore sulla sua arte e su se stesso.

clergue_lucien_638_1983a
Cannes: Pablo Picasso nel suo atelier (foto: Lucien Clergue, 1955)

Anni dopo, approfittando della presenza  in occasione dell'inaugurazione di una mostra a lui dedicata (dal 23 giugno all'8 settembre dell'estate del 2012 presso la mediateca di Céreste, diretta allora dalla figlioccia Marie-Flore), e curioso della sua opinione in proposito, volli portare la pagina a conoscenza di un intimo del maestro, nella persona del fotografo Lucien Clergue. Questi, non sottraendosi alla mia sollecitazione, considerò il fatto che al suo illustre amico pittore si erano fatte dire tante e tante cose, e questa non era certo l'ultima. Ma, come dovetti constatare, neanche lui sapeva dirmi qualcosa al proposito.
Eppure, pur tenendo conto del parere di Lucien Clergue - quale ovviamente mi sarei dovuto aspettare da un intimo -, il libro di Piccoli non ha mai ricevuto veti o censure riferibili ad eventuali contenuti inventati di sana pianta. Penso pure che gli eredi di Picasso, in tal caso, avrebbero certamente fatto sentire tutto il loro peso. Aggiungasi, in più, che Piccoli non aveva il benché minimo interesse a mettersi in un simile ginepraio. E allora, per la miseria, perché Piccoli non indica la sua fonte, perché è così maldestro? Una gaffe imperdonabile che ci indurrebbe a scrivergli se non fosse che oramai è tardi, vista la sua scomparsa.
O si dovrebbe arguire (silenzio-stampa?, omertà?) che questa confessione-testimonianza non sarebbe stata "cancellata" in quanto, almeno a quel che mi risulta, non è reperibile da nessun'altra parte se non in quest'opera di Piccoli, peraltro ormai esaurita da tempo ? A ciascuno le proprie opinioni. Personalmente, questi righi in forma di confessione mi sembrano di grande autenticità e, attraverso loro, ritrovo una volta di più un Picasso maledettamente emozionante, coraggioso ma al contempo eccessivamente ingiusto con se stesso; già questo, ai miei occhi, autentica quelle parole senza nulla togliere, per altri versi, a tutto ciò che con passione, e sovente con genialità, ha creato.
Ecco il testo:

« Quando ero giovane, come ogni giovane, ho avuto la religione dell'arte, della grande arte; ma con gli anni mi sono accorto che l'arte, come la si concepiva fino alla fine dell'800, era ormai finita, era moribonda, condannata, e la pretesa attività artistica con tutta la sua abbondanza non è altro che la manifestazione multiforme della sua agonia. Gli uomini si allontanano, si disinteressano sempre più della pittura, della scultura, della poesia; oggi, contrariamente a quanto appare, gli uomini rivolgono il cuore ad altre cose: la macchina, le scoperte scientifiche, la ricchezza, il dominio delle forze naturali e la signoria sulle terre. Non viviamo più l'arte come bisogno vitale, come necessità spirituale, come avveniva nei secoli passati.
Molti tra noi continuano a essere degli artisti e a occuparsi d'arte per una ragione che ha poco a che vedere con la vera arte; lo sono piuttosto per spirito d'imitazione, per nostalgia della tradizione, per forza d'inerzia, per amore dell'ostentazione, del lusso, della curiosità intellettuale, per moda o per calcolo. Vivono ancora per abitudine e snobismo in un passato recente, ma in tutti gli ambienti la grande maggioranza non ha più una sincera passione per l'arte che viene considerata tutt'al più alla stregua di una distrazione, di uno svago, di un ornamento.
Poco a poco nuove generazioni innamorate della meccanica e dello sport, più sincere, più ciniche e brutali, lasceranno l'arte nei musei e nelle biblioteche quale incomprensibile e inutile reliquia del passato. Un artista, come nel mio caso, che ha ben chiara una prossima fine, che può fare? Sarebbe assai difficoltoso cambiare mestiere e pericoloso dal punto di vista pecuniario. Non restano allora che due strade: cercare di divertirsi e guadagnare soldi. Dal momento che l'arte non è più l'alimento che nutre i migliori, l'artista può esternare il suo talento nei capricci e nella fantasia, in tutti gli espedienti del ciarlatanismo intellettuale. Nelle arti la gente non cerca più la consolazione, né l'esaltazione.
Ma i raffinati, i ricchi, gli oziosi, i distillatori di quintessenza cercano il nuovo, lo straordinario, l'originale, lo stravagante, lo scandaloso. E io, dal cubismo in poi, ho accontentato quei signori e quei critici con tutte le molteplici bizzarrie che mi sono venute in mente e meno erano comprese più venivano ammirate. A furia di divertirmi in tutti questi giochetti, in tutte queste scempiaggini, in tutti questi rompicapi, rebus e arabeschi, sono diventato celebre, rapidissimamente. E per un pittore celebrità significa: vendite, guadagni, fortuna, ricchezza.
Oggi, come ben sapete, sono celebre e ricco, ma quando sono solo con me stesso, non ho il coraggio di considerarmi un'artista nel significato originale del termine. Lo furono grandi pittori come Giotto, Tiziano, Rembrandt e Goya. Io sono solamente un pubblico intrattenitore che ha compreso il suo tempo e mitigato al meglio che ha potuto l'imbecillità, la vanità e la cupidità dei suoi contemporanei.
Amara confessione la mia, più dolorosa di quel che sembra ma col merito di essere sincera. »

 

 

Publicité
Publicité
Commentaires
Publicité